mercoledì, marzo 16

Tra vita e morte

Lungi dal sorridermi, 
il sole mi regalava boschi solitari e scuri,
che se morte fosse stata
oblio l'accompagnava,
di nessun orecchio
il lamento del morente posseduto,
solo un seguito celato ed orrendo,
a labbra piatte e rette,
un letto sempre freddo,
sempre più leggero.
Polvere fu, dunque spirito,
forse ricordo,
sofferenza materna di certo,
amici solo incontrati e visti
in spasmi temporali
con profumo naturale a dono 
nella casa delle rimembranze.
Poi tutto passa, si appiattisce 
e lo si crede morto.


D'accordo non fui con questo destino,
assolutamente proibita e vietata al mio corpo la resa,
l'importanza del suo deturpo il vento porta via
che tanto più gli occhi vedranno cieli diversi
tanti più occhi avrò,
non deve esistere;
per aver ragione delle leggi del tempo;
paura di morte e vita,
all'unisono, in verità, esse contemplano e ridono
degli scarni umani che di futilità si perdono e si comprano,
gli occhi non più avvezzi di codeste bestie all'azzurro cielo 
di veli si coprono
e la felicità sperata,
utopia dichiarata,
da quell'animo limpido e tranquillo,
son certo,
potrà esser invitata.



Sorrisi alla Vita e alla Morte,
non di parole i nostri discorsi,
intangibili sensi Esse in me richiamano
che alla fine di ciò
diverso ancora io sarò.
Chi so felice di me
vedere, nell'umano, non mi è concesso,
ma più oltre io mi accingo 
e lì conosco e lì vivo,
per un solo profondo e vivido attimo.


Ancor di più io vivrò.

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